Via da Pola nel 1946. A piedi da Trieste in Toscana, dormendo coi topi

“Il mio esodo da Pola è del 1946 – ha detto Giorgio Mini – avevamo un lasciapassare scritto in slavo ottenuto dal mio papà, eravamo la mia mamma ed io sul piroscafo per Trieste poi, da lì, l’abbiamo fatta a piedi fino in Toscana, nel paese dei nonni”. È incredibile, ma siete venuti via proprio a piedi? Del resto anche Abdon Pamich è scappato da Fiume a Trieste a piedi il primo pezzo, ma lui è un campione olimpionico. “Sì, a piedi, perché nel primo dopoguerra c’erano scarsi mezzi di trasporto a causa dei bombardamenti – è la risposta – io ero bambino, ricordo poco, qualche volta ci hanno dato un passaggio su un carretto, oppure su un camion di mele, ma non potevamo toccarne neanche una. Mia madre diceva ‘Sono toscana, aiutatemi’, invece se avesse detto ‘Vengo da Pola’ ci avrebbero preso a sassate, perché funzionava così”.

Signor Giorgio Mini, lei è nato a Pola, in Istria? “No, sono nato a Siena il 18 febbraio 1940, perché il mio babbo lavorava come guardia carceraria a San Gimignano, in provincia di Siena, poi ebbe il trasferimento all’Isola di Pianosa e, nel 1942, a Pola, dove restammo fino al 1946”. Durante l’esodo dove dormivate? “Si dovette scappare da Pola, perché i titini arrivarono nel 1943, poi ci fu confusione per vari mesi, durante il viaggio si dormiva nelle cantine, o nei fienili dei contadini, eravamo senza soldi – ha aggiunto Giorgio Mini – certe volte c’erano i topi dove si dormiva, mi rosicchiarono le orecchie, al mattino avevo sempre il sangue sul viso e sui capelli. Mi torna in mente la fame e tanta stanchezza”.

Quali erano i nomi dei suoi genitori? “Mio padre era Gino Mini, nato nel 1908 a Villa a Sesta, frazione del comune di Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena – è la replica – e la mamma Maria Brocchi, era nata nel 1911 a Pietraviva, in provincia di Arezzo”. Quando venne via da Pola suo padre? “Il mio babbo fuggì da Pola dopo di noi, per giungere a Trieste – ha spiegato Giorgio Mini – poi con mezzi di fortuna arrivò a Badia a Ruoti, a casa dai nonni Antonio e Cesira. Era il 1946 e più tardi riprese servizio come guardia carceraria a Siena. Nello stesso anno nacque mia sorella Graziella poi, nel 1950, il babbo ottenne un appartamento a Siena, così ci spostammo lì e, nel 1960, nacque mio fratello Stefano”.

Badia a Ruoti (AR) – La madre Brocchi Maria, il figlio Mini Giorgio e il babbo Mini Gino. Collezione Stefano Mini

Dopo l’8 settembre 1943 mentre i partigiani titini occupavano la città, ci fu la fuga dei prigionieri dal carcere di Pola, probabilmente perché molte guardie penitenziarie furono fedeli al re e a Badoglio. Dopo l’armistizio, i tedeschi invasero l’Italia centro settentrionale, annettendosi in pratica Trentino Alto Adige e la Venezia Giulia, comprese le provincie di Udine e Belluno. Furono definiti “Badogliani” pure i questurini di Udine o i carabinieri di Gorizia, dato che non volevano schierarsi al fianco dell’occupatore nazista, disceso dai confini della Carinzia. È interessante leggere il memoriale di Edda Molinari Fròsini su «L’Arena di Pola» riguardo alla fuga dei detenuti di Pola. La testimonianza di Giorgio Mini su quel periodo passato a Pola è stata pubblicata perfino dalla Regione Toscana, nel 2013. “Per sfuggire alla caccia che facevano i titini – ha raccontato il testimone – si stava a giornate intere nascosti nelle cantine. Quelli arrivavano, entravano nelle case, arrestavano, portavano via, i più non tornavano, parecchi finivano nelle foibe” (Cerri Vestri S 2013 : 158).

Mentre Zara venne martellata da 54 bombardamenti angloamericani nel 1943, su suggerimento titino, la primordiale forma di resistenza italiana dei partiti antifascisti in Istria si scontrò con l’occupazione tedesca e con la prepotenza del movimento partigiano jugoslavo, intento ad assumere il controllo politico di tutta l’Istria, del Quarnaro e, possibilmente, di Trieste e Gorizia. Dal 9 giugno 1945 si attivò il primo Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria “per raccogliere la guida della resistenza politica e la gestione dell’opera assistenziale” (Vezzà A 2013 : 35). Detto Comitato politico operò fino al 3 ottobre 1966, data del suo scioglimento ufficiale.

Signor Mini quando siete partiti da Pola avevate borse, valigie, i vostri mobili? “No, no, abbiamo perso tutto ciò che stava nella casa di via Minerva 14 – ha risposto Giorgio Mini – per raggiungere Badia a Ruoti abbiamo impiegato più di due mesi, forse la mamma sbagliava strada, chissà. Si arrivò dalla nonna solo con i vestiti che avevamo addosso e senza notizie del babbo che per fortuna ci raggiunse tre mesi dopo, pure lui solo col vestito addosso, era secco, rifinito, tutto pelle e ossa, non c’era cibo per noi”.

Rientrati in Toscana, la famiglia si è ripresa pian pianino? “La miseria ci portava via – ha detto il testimone – il mio babbo era lassù [in Istria] noi senza notizie e senza soldi, ci aiutavano le famiglie contadine di lì vicino, ma anche quando tornò era senza stipendio, le cose non migliorarono. Finalmente fu riassunto in servizio al carcere di Siena, andava e veniva [a Badia a Ruoti] una volta alla settimana in bicicletta, con ogni tempo e orario, giorno e notte. La paga era sempre bassa, parecchio, la vita che si faceva… da disperati” (Cerri Vestri S 2013 : 159).

Pola, il Vescovo in visita pastorale al carcere assieme agli agenti della polizia penitenziaria, 1943. Collezione Stefano Mini

In conclusione, grazie alla collaborazione alla ricerca di Stefano Mini, fratello di Giorgio, si è in grado di citare un documento dattiloscritto straordinario, da cui emerge che Gino Mini aiutò i partigiani, ma poi dovette scappare per salvare la pelle. Ha per oggetto: “Dichiarazione Mini Gino”. È firmato dal dottor Salvatore Astuto, presidente di turno del Comitato di Liberazione Nazionale di Pola, protocollo n. 127, del 21 settembre 1945.

Risulta “a questo Comitato che il Mini durante il periodo cospirativo è stato un attivista nella lotta di resistenza contro il tedesco invasore. Lo stesso ha per un lungo periodo di tempo collaborato con gli elementi partigiani slavi dai quali si è poi distaccato nel periodo dell’occupazione slava dell’Istria, in seguito al manifestarsi delle tendenze imperialistiche slave” (CLN di Pola, Dichiarazione Mini Gino).

Negli anni 1950-1960 Giorgio Mini studiò in Toscana fino al ginnasio, poi – come ha raccontato a Claudio Ausilio – frequentò per sei mesi la scuola alberghiera di Grado, in provincia di Gorizia. Trovato lavoro a Nizza, fu occupato per la stagione da giugno a ottobre. In seguito si specializzò alla scuola alberghiera di Bellagio sul Lago di Como.

Mini Giorgio, Brocchi Maria e Mini Gino. Collezione Giorgio Mini

Emigrò in Svizzera a Zurigo, rimanendovi per circa 30 anni. Nel 1985 aprì il ristorante “Siena”. Sposò Klaudette, nata a Zurigo con passaporto tedesco. Nel 1991 rientrò in Italia a Badia a Ruoti, portando con sé copia del cartello stradale, donato dai propri amici in ricordo della via dove aveva prestato servizio per lunghi anni,  che piantò sul viale di ingresso della sua abitazione.

“Pensate che c’è ancora qualche amico della mia età a Badia a Ruoti – ha concluso Giorgio Mini – che mi chiama ‘Pola’, il soprannome affibbiatomi dai paesani in ricordo di quando stavo in Istria”.

Fonti orali – Le interviste (int.) sono state condotte al telefono da Elio Varutti e, in presenza, da Claudio Ausilio con penna, taccuino e macchina fotografica, se non altrimenti indicato.

 – Giorgio Mini, Siena 1940, ha vissuto a Pola, vive a Badia a Ruoti, frazione di Bucine (AR), int. del 5 marzo 2024 e autorizzazione alla pubblicazione del 15 marzo 2024 comunicata a Claudio Ausilio e riportata all’Autore.

– Stefano Mini, Siena 1960, vive a Firenze, int. telefonica di Claudio Ausilio del 6 marzo 2024, riportata all’Autore ed e-mail del giorno 11 marzo 2024.

Documenti originali

– Comitato di Liberazione Nazionale di Pola, Dichiarazione Mini Gino, firmata da Salvatore Astuto, presidente di turno, prot. n. 127, 21 settembre 1945, dattiloscr.

Collezioni private

– Giorgio Mini, Badia a Ruoti (AR), fotografie, documenti, ms.

– Stefano Mini, Firenze, fotografie, documenti, dattiloscr.

Bibliografia

– Cerri Vestri Sergio, Come eravamo, interviste in Valdambra, Firenze, Regione Toscana, Consiglio Regionale, 2013.

– “Un convegno dei C.L.N. giuliani per fare il punto della situazione”, «L’Arena di Pola», 10 giugno 1958, p. 3.

– Molinari Fròsini Edda, “Settembre 1943, fuga dalle carceri di Pola”, «L’Arena di Pola», 2013.

 – Vezzà Andrea, Il C.L.N. dell’Istria, Trieste, Associazione delle Comunità Istriane, [s.a., ma: 2013].

Progetto di: Claudio Ausilio (ANVGD di Arezzo). Testo a cura di Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking e ricerche a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Giorgio Mini, Stefano Mini, Claudio Ausilio, Sergio Satti, Bruno Bonetti (ANVGD di Udine), i professori Ezio Cragnolini e Enrico Modotti.

Copertina: Giorgio Mini a Pola 1943. Collezione Stefano Mini. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine, ANVGD di Arezzo. Fotografie di Claudio Ausilio e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:  https://anvgdud.it/

Pubblicato da eliovarutti

Comitato Esecutivo dell'ANVGD di Udine

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